Anamnesi
Narrazioni Paramediche
31 dicembre 2005, mattino, un'ambulanza attraversa il centro di un minuscolo paese dell'Alto Vicentino, si ferma davanti ad una casa, e poco dopo riparte a sirene spiegate. Chi è il misterioso paziente dal volto cereo e gli occhi cerchiati di nero? Quale oscuro male si è impossessato di lui?
Riuscirà a sopravvivere o rimarrà segnato per sempre da questa esperienza? Dalle corsie di un pronto soccorso di provincia al giardino dell’ Eden, passando per la Parigi di fine ‘8oo e approdando infine in un reparto di rianimazione, assisterete alla terribile battaglia con il pericolosissimo diplococco gram-negativo, alla genesi di tutte le malattie, alle avventure tragicomiche di un artista maledetto e di un ricoverato in terapia intensiva.
In un'alternanza di registri che passano dal drammatico al farsesco e dal parodistico al tragico; gli argomenti trattati, pur nella loro gravità, vengono affrontati con piglio leggero ed ironico. I ricordi del narratore sono diventati materiale scenico per costruire uno spettacolo in cui l’esperienza dell’infermità, vista dalla prospettiva di chi l’ha sperimentata direttamente, diventa il pretesto per un discorso più ampio che indaga il rapporto dell’uomo con le malattie, i cambiamenti che esse provocano nella vita delle persone, il concetto di “guarigione” e il rapporto medico/paziente.
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"La presenza scenica di Bianchini è prorompente (...) Le risate sono veicolo di riflessioni anche serie sulla caducità della vita, sul rapporto medico paziente, sulla percezione del tempo che si ha da infermi e sulla superficialità e volontà di distanza che la malattia porta spesso in chi ne è spettatore. Guarire diventa allora un obiettivo, un ritorno alla normalità, che prevede a sua volta una presa di distanza dalla malattia, un riconoscimento della sua alterità rispetto alle nostre vite, vite che cerchiamo di condurre senza la memoria di un dolore, che spesso non trova neanche possibilità di essere chiaramente espresso."
(R. Semprebene, Fourzine.it, maggio 2016)
"Abile nel dar voce e mimica a più di un personaggio, Marco Bianchini somministra in giuste dosi la sua cura a base di divertimento e inquietudine, sa arricchire il racconto di gustosi particolari e però riesce a cavare dall’esperienza di corsia una serie di suggestioni spinte ben oltre l’aneddotica, approdando a una riflessione sull’umana fragilità, sul caso che la governa, sulla separatezza dei mondi di chi sta dentro a una clinica e di chi sta fuori, prima o poi destinati entrambi a scambiarsi i ruoli.”